V. 6 N. 1 (2024): Gennaio - Giugno 2024
Terapia umanistica

Il campo fenomenico: l’origine del sé e del mondo

Pubblicato 01.03.2024

Versioni

Parole chiave

  • campo fenomenico; psicoterapia della Gestalt; organismo-ambiente

Come citare

Francesetti, G. (2024). Il campo fenomenico: l’origine del sé e del mondo . Phenomena Journal - Giornale Internazionale Di Psicopatologia, Neuroscienze E Psicoterapia, 6(1), 1–5. https://doi.org/10.32069/PJ.2021.2.218

Abstract

Dall’ampio dibattito sulla definizione di campo in psicoterapia della Gestalt emergono molte domande che spesso riflettono concezioni diverse presenti sin dallo sfondo culturale e scientifico da cui questo modello è nato. Al di là delle differenze, tutte tentano di andare oltre una concezione dell’essere umano come individuo isolato e isolabile [1]. Ritengo che, fra i molti crinali di questo discorso, una domanda centrale per discriminare la definizione che utilizziamo – implicitamente o esplicitamente – sia questa: il campo è diverso per ogni soggetto oppure è una dimensione comune a coloro che si trovano in una data situazione?

Questa domanda non può trovare risposta se prima non si esplicita che cosa si intenda con “campo”. La mia argomentazione è che vi sia una definizione di campo per la quale il campo è individuale (campo organismo-ambiente) e un’altra definizione per la quale il campo è una dimensione comune (campo fenomenico). Ovviamente, ciascuna consente di cogliere alcuni aspetti che l’altra lascia in ombra. E considero le due concettualizzazioni come espressione dell’insolubile tensione e oscillazione fra una prospettiva individualistica e una pre-personale.

Nel clima di incredibile fermento culturale della Germania degli anni ’20 del secolo scorso, la spinta ad andare oltre una concettualizzazione individualistica dell’essere umano ha coinvolto molti movimenti e modalità di esplorazione: in filosofia, in psicologia, in sociologia, in politica e nella psicoanalisi. Un crogiuolo incandescente ricco di possibilità e sfumature, uno stato nascente in cui si muovevano in modo anche contradditorio tentativi di andare oltre una visione meccanicistica e riduzionistica del mondo e dell’essere umano. La psicoterapia della Gestalt ha radici profonde in questa temperie, sviluppandone le potenzialità terapeutiche e portando con sé alcune ambiguità teoriche. Una di queste riguarda proprio la concettualizzazione del campo: circolavano infatti sia concettualizzazioni del campo come attributo prevalentemente individuale, sia come totalità che coinvolge tutti e costituisce la radice stessa della vita.

Jean-Luc Marion [2] nota che uno dei tratti caratteristici e costitutivi della nostra cultura è la rimozione della genesi, cioè di come sé e mondo nascono, prendono forma. Sono dati e non problematizzati. Marion sottolinea che ciò che è datoè donato e problematizza: donato come, quando, dove, da chi? Per poter utilizzare il concetto di individuo come centro del mondo, come ha fatto la modernità occidentale, occorre ‘dimenticare’ la sua origine, come se da sempre esistesse un soggetto separato, indipendente, addirittura autosufficiente. Centro del mondo e misura di tutte le cose. Già porre la domanda è quindi in qualche modo sovversivo.

Se il sé è un fenomeno emergente che nel farsi dell’esperienza si differenzia da un mondo, per esplorare la sua genesi abbiamo bisogno di una teoria dell’esperienza. La psicoterapia della Gestalt elabora questa teoria a partire dalla psicologia della Gestalt e dal Pragmatismo Americano, un’altra influenza profonda per la nascita di questo approccio. In particolare è stato Paul Goodman, bibliotecario all’Università di Chicago, a portare i concetti di William James, John Dewey, George Herbert Mead nella fondazione della psicoterapia della Gestalt. Non è questo il luogo per entrare nella complessità di questa teoria dell’esperienza e rimandiamo al testo fondatore per una descrizione approfondita [3] e a testi successivi [4; 5; 6; 7; 8; 9] per le implicazioni cliniche e psicopatologiche di questo processo. Basti qui ricordare che l’esperienza è un processo che nasce da uno sfondo indifferenziato e in cui progressivamente emerge un confine di contatto che separa e unisce un sé e un mondo. Da questa dimensione originaria emergono i soggetti e gli oggetti: “Né l’oggetto, né il soggetto sono posti” [10].

Ci troviamo qui alle prese con un fenomeno difficilmente descrivibile e facilmente negletto: come scrive, solo apparentemente in modo paradossale, Bernhard Waldenfels [11]: “abbiamo origine da un'altra parte, in un luogo dove non siamo mai stati e non saremo mai”. Noi emergiamo da un fondo nel quale non siamo ancora costituiti come soggetti distinti in un mondo distinto. Siamo qui nel chiaroscuro aurorale dell’esperienza. Oggetto e soggetto sono precipitati nominali – sono diventati ‘cose’ – in seguito a una trasformazione storica della loro connotazione linguistica: fino al Medio Evo erano considerati un processo nel quale un sub-jectum veniva gettato di qua e un ob-jectum veniva gettato di là [12]. Questa origine è il luogo del vago e del confuso, dell’indifferenziato, del chiaroscuro, dell’indefinito [13]: un luogo che Cartesio ha scartato indicando un metodo di indagine basato su idee chiare e ben distinte e che poi la scienza positivista ha spazzato via, producendo come effetto il disincanto del mondo dove tutto è meccanicamente conoscibile e trasparente [14]. C’è dunque una dimensione “né soggettiva, né oggettiva” [15], una dimensione “prima del soggetto e del mondo” [16], per lo più trascurata nella modernità. Anzi, questa rimozione è costitutiva della nascita stessa della modernità.

Merleau-Ponty chiama questa dimensione nascente “campo fenomenico” [10]: questi è il campo indifferenziato – prima che si definiscano i poli del soggetto e del mondo – da cui emergono i fenomeni. È la soglia del mondo e del sé. In questo campo (proprio come nel campo elettromagnetico di Maxwell e Faraday e nel campo gravitazionale concettualizzato da Einstein) vi sono forze che condizionano l’emergere dei fenomeni. Sono le tensioni intrinseche del campo – le intenzionalità del campo. L'intenzionalità può essere intesa come una forza che appartiene agli individui, ma non è questo il significato a cui ci riferiamo qui. Ci riferiamo all'intenzionalità anonima che precede gli individui, così come viene concettualizzata da Merleau-Ponty: “Siamo solo un luogo di passaggio” [10]. Come sostiene Martin Heidegger [24]: “Nel cuore della coscienza c'è sempre una spersonalizzazione-de-personalizzazione”. Sono anonime (cioè non ancora mie o tue) e sono fungenti (cioè producono effetti) [10].

L’esperienza nasce dunque dall’indifferenziato, un luogo in cui i poli del soggetto e del mondo non si sono ancora definiti. Su questo concordano anche l’infant research [17], le neuroscienze [18], la fenomenologia e la psicopatologia fenomenologica [19;20].

Tentando una definizione per quanto possibile chiara e operativa, io definisco questo campo fenomenico come l‘orizzonte di probabilità di emergenza dei fenomeni nella situazione attuale. Questa definizione ci consente una esplorazione della teoria di campo alla luce della teoria dei sistemi complessi, si veda Sarasso et al. [25, in corso di pubblicazione]. I fenomeni (o possiamo anche dire i processi figura-sfondo) emergono a seconda delle forze che li rendono più o meno probabili o improbabili. Queste forze piegano l’orizzonte, lo deformano e schiudono o chiudono possibilità. Ad esempio, in una festa tra amici è più facile che emergano battute e scherzi, momenti di allegria e sentimenti di leggerezza, durante i quali il tempo tenderà a scorrere velocemente. In una veglia funebre, invece, è più probabile che emergano sentimenti di pesantezza, rallentamento o rarefazione del tempo, cupezza e immobilità. Nei buchi neri, la forza che piega l'orizzonte degli eventi è la gravità; nel campo fenomenico, sono le intenzionalità in gioco a piegarlo. Nell'incontro terapeutico, queste forze – intenzionalità incarnate – muovono sia il paziente che il terapeuta, che ne sono funzioni. In questo paradigma – in cui il sé non è una struttura ma un processo che emerge nella situazione – le forze del campo fenomenico sono in movimento prima che i soggetti siano differenziati e definiti. Pertanto, possiamo dire che il terapeuta e il paziente emergono, “sono fatti”, all'interno della situazione e sono mossi dalle forze del campo. Il campo fenomenico è pathos: è subìto e non scelto [11; 21]. Il campo fenomenico non è “una cosa”, non è reificabile: è un orizzonte e si modifica – di più o di meno – in ogni momento.

Il campo fenomenico agisce qui e ora e, così come un campo gravitazionale, lo posso cogliere sentendone gli effetti. Il campo gravitazionale nel qui e ora è comune; gli effetti su ciascuno di noi sono diversi. Concettualizzare il campo come campo organismo-ambiente ci aiuta a non astrarre l’organismo dal suo ambiente, ma mantiene una centratura individuale; concettualizzare il campo come campo fenomenico ci aiuta a mettere in luce le forze a cui tutti siamo sottoposti in una data situazione. Il campo fenomenico (orizzonte di probabilità) risulta dunque dall’insieme delle forze che agiscono nella situazione; queste gli conferiscono i limiti e le potenzialità trasformative. Sono le forze dinamiche che si attivano in una data situazione. Occorre ricordare che il campo fenomenico è a sua volta influenzato dalle emergenze che si sviluppano, anche per questo è un processo incessantemente cangiante. Di nuovo, possiamo utilizzare il campo gravitazionale come esempio: i corpi sottoposti all’influenza del campo gravitazionale influenzano a loro volta il campo stesso, in modo proporzionale alla loro massa. Nell’incontro clinico, paziente e terapeuta sono sottoposti quindi alle forze del campo e al tempo stesso le influenzano, in un processo di complessità circolare non riducibile a schematizzazioni di semplici relazioni di causa-effetto.

Un modo per cogliere il campo fenomenico è porre attenzione all’atmosfera della situazione. Una atmosfera è la qualità affettiva che permea uno spazio. È un concetto che abbiamo esplorato a partire dalla sua interessante caratteristica di resistere e sfidare le dicotomie cartesiane: una atmosfera non è né solo nell’ambiente né solo nel soggetto, non è né solo soggettiva né solo oggettiva, né solo agente, né solo patita [15; 16]. Tralasciamo qui l’ampio e vivace dibattito sul tema delle atmosfere nella clinica [15; 16; 22] e riprendiamo invece una citazione di Kurt Lewin [22]:

 

"Per caratterizzare adeguatamente il campo psicologico, bisogna prendere in considerazione elementi specifici come obiettivi particolari, stimoli, bisogni, relazioni, così come caratteristiche più generali del campo come l'atmosfera (per esempio, l'atmosfera amichevole, tesa o ostile) o la quantità di libertà. Queste caratteristiche del campo nel suo complesso sono importanti in psicologia quanto, ad esempio, il campo della gravità per la spiegazione degli eventi nella fisica classica. Le atmosfere psicologiche sono realtà empiriche e sono fatti scientificamente descrivibili" [23, traduzione di chi scrive, corsivi nell’originale].

 

Il campo gravitazionale non è solo una metafora del campo fenomenico: esso è una delle forze che agiscono nei campi fenomenici da cui emergiamo e che curva le probabilità dell’emergere dei fenomeni. Basti immaginare se il campo si modificasse come in una navicella spaziale: altri fenomeni esperienziali – sensoriali e motori – emergerebbero. Il fatto che sia un campo comune, non toglie che abbia effetti diversi per ciascuno: gli effetti del campo gravitazionale sono diversi per ognuno di noi, basta utilizzare una bilancia per misurarli. Eppure tutti siamo sottoposti alla stessa forza. A nostra volta influenziamo il campo stesso, in un modo impercettibile per quanto riguarda la gravità, in modo potenzialmente significativo per altri tipi di forze agenti. In un campo depressivo presente in una data situazione siamo tutti sottoposti a forze depressive – cioè che tirano verso il basso – e possiamo avere una esperienza di tempo rallentato, o al contrario reattiva maniacale o di binge eating o abuso di alcol, o altre infinite possibilità. Ma le forze del campo fenomenico depressivo influenzano tutti coloro che si trovano nella situazione.

Riferimenti bibliografici

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